Chi vive dalle mie parti, lungo la costa adriatica, vede in lontananza il profilo delle montagne marchigiane, e c'è una vetta a cui siamo particolarmente affezionati, è quella del Monte San Vicino.
La cima ricorda quella di un grosso panettone, o una gobba, un po' pendente da un lato, tutti lo riconoscono, impossibile confondersi!
Fin da piccola, fine anni '80 ed inizio anni '90 assieme alla mia famiglia, nelle calde domeniche d'estate si andava a cercare un po' di fresco in montagna; tolti i 20 giorni fissi nelle Dolomiti, la maggior parte delle volte ci si riuniva con i fratelli e le sorelle di mia madre e si organizzavano delle gite fuori porta, dei picnic con tanto di tavolino, amache e pranzo al sacco.
I posti più gettonati dopo la pineta di Apiro erano le località di Poggio S. Romualdo, Frontale e Poggio S.Vicino, tutti i posti da dove partivano sentieri per arrivare alla croce del S. Vicino, per me che ero piccolina era una meta irraggiungibile, fatto è che non mi ci hanno mai portato!
E così dopo tanti anni sono ritornata a San Vicino, questa volta per salire fino in cima!
↠ Il sentiero si prende da Prati di S. Vicino e in 0.45 minuti si arriva in vetta, precisamente sotto la croce a circa 1480 metri di altezza.
Questo breve trekking è facile, adatto a tutti ma nello stesso tempo molto soddisfacente e affascinante.
Siete pronti?
Parcheggiamo la macchina a Prati di San Vicino, proprio vicino al cartello informativo del parco, prendiamo il piccolo sentiero che sale a sinistra, lo stradello si intravede tra il verde del prato, ed iniziamo così la nostra salita.
Entriamo nella fitta faggeta, a ridosso di un bivio fatto di radici intrecciate troviamo le indicazioni per il Sentiero Matelica, il nostro sentiero.
Tagliamo la collina e continuiamo a procedere fino ad uscire dal bosco, la visuale sotto di noi si apre e approfittiamo di questo bellissimo paesaggio per prendere un po' di fiato.
La grande valle dell'Esino è ai nostri piedi con i suoi piccoli centri abitati.
Svoltiamo verso destra lasciando alle spalle il bosco, non siamo più coperti, anzi siamo esposti al sole e al vento pungente, ma pronti ad iniziare lo zig- zag verso la vetta.
Tra rocce e roccette percorriamo l'ultimo tratto in salita per poi vedere finalmente in lontananza la croce.
E' sempre gratificante raggiungere un obbiettivo, e la croce, oltre ad essere il punto più alto della montagna, per me rappresenta la meta.
Da quassù possiamo goderci tutta la bellezza e la diversità della nostra regione: le Marche.
Sotto di noi il Lago Castreccioni di Cingoli, all'orizzonte tra la foschia si vede confusamente il nostro mare, e poi una distesa infinita di campi coltivati ognuno con il suo pezzetto di colore diverso dall'altro, la dolcezza delle colline e le strade che da quassù sembrano dei lunghi serpenti.
E' una strana sensazione essere in un posto così lontano da casa che allo stesso tempo con il passare degli anni è diventato quotidianamente un mio punto di riferimento.
E' una strana sensazione essere in un posto così lontano da casa che allo stesso tempo con il passare degli anni è diventato quotidianamente un mio punto di riferimento.
Mentre guardiamo questo magnifico paesaggio facciamo pranzo, per poi discendere per lo stesso sentiero, per chi vuole è possibile prendere un percorso alternativo passando per la grotta di San Francesco.
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